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  • Dott.ssa Giulia Mazzoni

Lo psicologo e il pregiudizio n°4


Non è parlando che si risolvono i problemi.

Le cose vanno affrontate in maniera concreta, le parole non servono a nulla, è tutto tempo perso.

E' un luogo comune pensare che, se ci sono motivi concreti di sofferenza, il benessere vada cercato in maniera altrettanto concreta.

La nostra è una cultura del "fare", in cui stare fermi a parlare è facilmente visto come un vezzo, un impiego tipico dello "scansafatiche" che cerca un modo per occupare la giornata. E' altrettanto facilmente associato alla chiacchiera, al pettegolezzo e in generale a qualcosa che, non solo non ha utilità alcuna ma può essere anche dannoso o lesivo della dignità.

Il linguaggio, tuttavia non serve solo per descrivere la realtà ma è il mezzo attraverso cui essa viene costruita. Non è forse vero che la stessa situazione descritta con parole diverse ce ne fornisce immagini diverse? Lo stesso accade con i nostri problemi o con le fonti della nostra sofferenza: parlare ci aiuta a cambiare il modo con cui diamo significato alle cose (a noi stessi, agli altri e al mondo) e quindi anche a ciò che ci fa soffrire.

Attenzione: questo non significa che se stiamo male basta usare parole diverse per stare meglio. Significa invece che, con un aiuto qualificato, riusciamo a rendere più tollerabile o meno spaventoso ciò che prima minava la nostra serenità. Significa riuscire a modificare di conseguenza i nostri atteggiamenti e comportamenti nei confronti di quello che ci rendeva tristi o spaventati o arrabbiati e che ci causava tanto dolore.

Tutto ciò è possibile grazie al dialogo, con noi stessi o con un professionista, ma comunque sempre attraverso le parole.

"I viaggi che portano alle scoperte maggiori non sono quelli in cui si vedono mondi nuovi, ma quelli in cui rivediamo mondi conosciuti con occhi diversi"

-Marcel Proust-

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